Conferenza di Antonio Cordani “La Libia di ieri, oggi e domani”

Alcune notizie sulla Libia prese da Wikipedia

La colonizzazione italiana e la seconda guerra mondiale (1911-1951)

Nel 1911 l’Italia di Giolitti dichiarò guerra all’Impero ottomano[6] per ottenere il controllo della Libia che sarà parzialmente sancito dalla pace di Losanna (1912). Fino ai primi anni trenta, gli italiani combatterono la resistenza organizzata dai Senussi[7], fino all’impiccagione di Omar al-Mukhtar nel 1931, mentre coloni italiani si stabilivano in Libia, fino a costituire, nel 1939, il 13% della popolazione.

Nel 1934, con l’unione della Tripolitania e della Cirenaica, venne proclamato il Governatorato Generale della Libia. Successivamente gli abitanti autoctoni poterono godere dello status di “cittadini italiani libici” con tutti i diritti che ne conseguivano. Mussolini dopo il 1934 iniziò una politica favorevole agli Arabi libici, definendoli “Musulmani Italiani della Quarta Sponda d’Italia” e costruendo villaggi[8] ad essi destinati. Il primo governatore fu Italo Balbo, a cui si deve la creazione della Libia sul modello di quella dell’imperatore romano, nato in Libia, Settimio Severo.

Nel 1937 Italo Balbo divise la Libia italiana in quattro province[9] e un territorio sahariano: la provincia di Tripoli, la provincia di Bengasi, la provincia di Derna, la provincia di Misurata ed il Territorio Militare del Sud con capoluogo Hun[10]. Nel gennaio 1943 la Libia fu occupata dalle truppe Alleate, nonostante ciò gran parte degli italiani rimase nel paese.

Con il Trattato di Pace del 1947, la Gran Bretagna amministrava la Tripolitania e la Cirenaica, la Francia il Fezzan, in gestione fiduciaria delle Nazioni Unite, mentre la Striscia di Aozou (ottenuta da Mussolininel 1935) fu riconsegnata alla colonia francese del Ciad.

Indipendenza e Regno di Libia (1951-1969)

Re Idris el-Senussi.

Il 24 dicembre 1951, la Libia dichiara l’indipendenza come Regno Unito di Libia, monarchia ereditaria e costituzionale sotto re Idris al-Sanusi. Stati Uniti e Gran Bretagna vi mantennero due basi militari, data l’importanza strategica del paese nel controllo del Mediterraneo.

Tra il 1947 ed il 1951 vennero fondate le prime organizzazioni, sindacali e politiche, tra cui il Movimento Operaio Libico e l’Unione Sindacale dei Lavoratori Libici, che, radicati tra i lavoratori portuali condusse, nel luglio 1950 a diversi scioperi per i diritti immediati, normativi e salariali dei lavoratori.

Il Partito comunista libico, clandestino, fondato nello stesso periodo, operava sia nel sindacato che nell’Associazione Politica per il Progresso della Libia, un’organizzazione importante che si batteva per l’indipendenza del paese africano. Le organizzazioni, politiche e sindacali, del movimento operaio in Libia vennero chiuse nel dicembre 1951 dai britannici con la collaborazione della monarchia di re Idris I[11].

Il 28 marzo 1953 la Libia entra nella Lega Araba, il 14 dicembre 1955 nell’ONU. Negli anni cinquanta vennero scoperti i primi giacimenti di petrolio. Tuttavia la limitata sovranità politica ebbe l’effetto di far approvare nel 1955 una legge che concedeva l’uso dei giacimenti alle principali compagnie petrolifere mondiali, riservando al governo soltanto il 50 % degli introiti. Negli anni sessanta la quantità di petrolio estratta aumentò, ma l’indigenza a cui era relegato il popolo non subì variazioni.[12] Il 25 aprile 1963 un’importante riforma abolì il sistema di governo federale e il nome del paese fu modificato in Regno di Libia.

Il regime di Gheddafi (1969-2011)[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º settembre 1969 re Idris viene deposto da un gruppo di ufficiali nasseriani. Il paese fu ribattezzato Repubblica araba di Libia e Mu’ammar Gheddafi resse il governo provvisorio, che avviò un programma di nazionalizzazioni delle grandi imprese e dei possedimenti italiani, chiudendo inoltre le basi militari statunitensi e britanniche.

La piena sovranità politica permise al governo di impiegare le entrate delle grandi imprese petrolifere nello sviluppo di infrastrutture nel paese. Nel 1970 i beni degli italo-libici furono confiscati, e gli stessi cittadini furono costretti a lasciare il paese entro il 15 ottobre del 1970.

La politica di sviluppo del territorio perseguita da Gheddafi permise di realizzare, oltre ai miglioramenti, in ogni campo, delle infrastrutture, tra cui il “Grande fiume artificiale“, un’imponente opera idraulica che attraverso lo sfruttamento dell’acqua fossile, contenuta in laghi sotterranei, forniva acqua potabile a una popolazione in continua crescita. La prima fase di tale opera si concluse nel 1991 con il tratto che giunge fino a Bengasi, la seconda nel 1996 con il tratto che raggiunse Tripoli, la terza nel 2000, permettendo di raggiungere l’entroterra.[12]

Gheddafi parla in qualità di Presidente dell’Unione Africana nel palazzo ONU di Addis Abeba alla sua elezione nel febbraio 2009.

In politica estera, la Libia rivoluzionaria appoggia i movimenti di liberazione nazionale, primo fra tutti l’OLP di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele. Volendosi erede di Nasser, tra il 1971 e il 1977 Gheddafi partecipa al tentativo di fondare una Federazione delle Repubbliche Arabe con Egitto e Siria. In seguito tenterà senza successo di creare federazioni con Tunisia (1974), Ciad (1981) e Marocco (1984). Gheddafi espliciterà la sua filosofia politica nel Libro verde (1976).

Il 2 marzo 1977 venne proclamata la Giamahiria (letteralmente “repubblica delle masse”). Nello stesso anno, grazie ai maggiori introiti derivanti dal petrolio, Gheddafi poté dotare il suo Stato di nuove strade, ospedali, acquedotti e industrie. Sull’onda della popolarità, nel 1979 rinunciò a ogni carica politica ufficiale, pur rimanendo l’unico leader del paese con l’appellativo di “guida della rivoluzione“. Le deboli organizzazioni libiche del movimento operaio, sindacali e politiche, dopo aver subito la repressione da parte della monarchia di re Idris I al-Sanusi, vennero definitivamente eliminate attraverso gli assassini e incarcerazioni ordinate dalla dittatura nazionalista. Gli intellettuali[13] di orientamento marxista subirono nell’aprile 1973 e nel dicembre 1978 la feroce repressione del regime di Gheddafi[14].

Nello stesso periodo la Libia viene coinvolta in un conflitto di frontiera contro il Ciad per il possesso della striscia di Aozou, un territorio ricco di risorse minerarie, contesa che viene risolta pacificamente solo nel 1994. Sempre durante questo periodo, e per molti anni, Gheddafi fu uno dei pochi leader internazionali che continuarono a sostenere i dittatori Idi Amin Dada e Bokassa.[15]

Negli anni ottanta, la Libia di Gheddafi si configurò come “Stato canaglia“, sostenitore di gruppi terroristici quali l’irlandese IRA e il palestinese Settembre Nero. Gheddafi fu progressivamente emarginato dalla NATO, e, in reazione all’attentato alla discoteca di Berlino del 1986, il 15 aprile dello stesso anno, Tripoli venne bombardata dai caccia americani, attraverso l’Operazione El Dorado Canyon. Per reazione la Libia rispose con uno sterile attacco missilistico contro Lampedusa.

Nel 1988, la Nazione venne accusata di aver organizzato l’attentato di Lockerbie sul volo Volo Pan Am 103, che causò la morte di 270 persone. Con la risoluzione 748/92, l’ONU impose un embargo alla Libia, durato fino alla consegna degli imputati, avvenuta il 5 aprile 1999, e nel 2003 all’accettazione della responsabilità civile verso le vittime.

La Giamahiria si riavvicina alla comunità internazionale a partire dagli anni novanta: nel 1990 con la condanna dell’Iraq nella Guerra del Golfo, attraverso la mediazione tra Etiopia ed Eritrea, e nel 1999 con l’opposizione ad al-Qa’ida. Il 15 maggio 2006 gli Stati Uniti riallacciano le relazioni diplomatiche interrotte 25 anni prima, togliendo la Libia dalla lista degli “stati canaglia”. Nuove tensioni sono sorte dal 2008 tra la Libia e la Svizzera in seguito all’arresto a Ginevra del figlio di Gheddafi, Hannibal, mentre nel 2008 le relazioni diplomatiche con l’Italia si sono stabilizzate, grazie al Trattato di Bengasi. Dal febbraio 2009 al gennaio 2010, Gheddafi è stato Presidente di turno dell’Unione Africana.

Guerra civile (2011) ed eventi successivi

Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra civile libica e Seconda guerra civile libica.

Guerra civile in Libia (2015):
 Governo di Tobruk   Governo di Tripoli   Stato Islamico (IS) e da Anṣār al-Sharīʿa   Tuareg

Nel febbraio del 2011 scoppiano delle sommosse popolari a cui segue un conflitto armato che vede opposte le forze fedeli a Gheddafi agli insorti del Consiglio Nazionale Libico. Il 19 marzo 2011, dopo la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni, viene attivato un intervento militare internazionale, con lo scopo di tutelare la popolazione civile libica tramite l’applicazione di una Zona d’interdizione al volo.

In realtà l’intervento si concretizza nel bombardamento delle truppe governative, di infrastrutture civili e militari e nell’appoggio alle truppe antigovernative. All’intervento hanno preso parte gli Stati appartenenti alla NATO tra cui Stati UnitiFranciaRegno UnitoItalia e Canada, e alcuni paesi arabiQatar e Emirati Arabi Uniti.

Dal marzo 2011 molti Stati, a partire dalla Francia, hanno riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione come unico rappresentante del popolo libico. Altri Stati hanno stabilito legami diplomatici con il Consiglio, mantenendo un rapporto con il governo di Gheddafi.

Il 17 ottobre 2011 cade l’ultima città lealista a favore di Gheddafi: Bani Walid. Le forze del regime sono ormai bloccate in poche zone nei dintorni di Bani Walid e di Sirte. La Libia si poteva pertanto considerare quasi interamente libera dal regime di Gheddafi.

Il 20 ottobre 2011 Mu’ammar Gheddafi viene catturato e ucciso nella sua città natale di Sirte, uccisione che di fatto porta alla caduta del suo regime e alla fine della guerra.

Dopo la caduta di Gheddafi la Libia è divenuta ostaggio degli scontri fra le numerose milizie tribali che formavano la coalizione dei ribelli. I diversi governi che si sono succeduti hanno tentato di imporre l’autorità del potere centrale su questi gruppi, cercando di disarmarli o di integrarli nell’esercito nazionale, ma hanno sostanzialmente fallito, in quanto le amministrazioni centrali si sono sempre dimostrate troppo deboli e il parlamento troppo diviso.

Dopo il 18 maggio 2014 la situazione è precipitata in seguito al colpo di stato del generale Khalifa Belqasim Haftar e con l’occupazione del palazzo del Parlamento a Tripoli da parte di soldati a lui fedeli. Il generale aveva lanciato due giorni prima un attacco contro alcune milizie islamiche nella Cirenaica, non autorizzato dal governo centrale. Tuttavia, il 30 luglio 2014, una di queste milizie, Anṣār al-Sharīʿa ha occupato Bengasi proclamando l’emirato islamico. Nella stessa Tripoli si sono verificati violenti scontri, in particolare nella zona dell’aeroporto fra una milizia islamica chiamata Fajr Lībiyā (Alba della Libia) e altre milizie laiche; entrambe sono favorevoli al governo, ma non si conosce la loro posizione nei riguardi del generale Haftar[16].

Il 17 dicembre 2015, a Skhirat, in Marocco, i rappresentanti del Congresso di Tripoli e della Camera di Tobruk hanno firmato un accordo per la formazione di un “governo di accordo nazionale”, sotto l’egida delle Nazioni Unite[17].