Racconto del Presidente sull’Uscita ad Acquasparta e Sangemini

     Massa Martana – Acquasparta – San Gemini

Mi scuso con gli abituali lettori per non aver potuto fare il diario della visita culturale a Montefalco e Trevi. Un rischio di polmonite mi ha impedito di essere fra i partecipanti della magnifica visita culturale, che ha riscontrato grandi consensi per la scelta.                                                                           Purtroppo per una serie di motivi non era presente alla partenza la Direttrice dei Corsi, Angela Fedeli, lasciando il compito a Pina Silvestri altrettanto valida e di ferma tempra organizzativa.. Mentre auguriamo ad Angela di risolvere i problemi che le hanno impedito di venire affrontiamo sempre con spirito di famelica voglia di apprendere e conoscere l’odierna visita culturale.

Sembra inutile confermare che gli orari e la partenza sono stati rispettati perfettamente. La giornata si è presentata già di prima mattina favorevole e di buon auspicio per il proseguimento del viaggio per il tempo luminoso e che presagiva sole per tutta la giornata.. Data la vicinanza delle località da visitare, la partenza è avvenuta in ora non antelucana.            In partenza Agostino informava di una variante che si era resa necessaria per l’improvvisa impossibilità di visitare il Palazzo Cesi ad Acquasparta. Si colmava tale impossibilità includendo la visita alla cittadina di Massa Martana. Prima di effettuare l’abituale sosta al Grill Agostino dava ampie informazioni su ciò che avremmo visto e sulla dinamica che l’ambiente aveva subito a seguito dei terremoti, delle invasioni barbariche e del decadimento che i vecchi insediamenti avevano subito . In pratica si sono lasciate le vecchie locazioni per una migrazione in zone in altura su terreni più solidi ma soprattutto più difendibili. E’ stato il momento dei castellieri . Il fenomeno sorto in Istria e nelle zone limitrofe si sono poi diffusi in tutta l’Italia al presentarsi di analoghe situazioni e necessità. In Umbria, in particolare, negli altipiani dell’appennino umbro-marchigiano , fra questi si annovera Monte Martano.          Breve sosta per prendere un buon caffè e via verso la prima tappa Monte Martano, new entry.

Massa Martana

Lungo la strada che menava a Massa Martana abbiamo fatto una prima breve sosta alla chiesa romanica di Santa Maria in Pantano. Fu edificata sopra un preesistente edificio di età romana. Annessa alla chiesa fu poi costruito un monastero , retto dai benedettini che bonificarono e resero fertile la località, spesso inondata dal torrente Tribbio, dando un preciso significato al toponimo in Pantano. La chiesa era alle dipendenza del monastero di Farfa. La facciata si presenta con un portale ad arco acuto, in conci alternati bianchi e rossi con cornice marmorea, ed un bel rosone abbellisce la semplice struttura rettangolare. L’interno non è stato possibile visitarlo per mancanza del guardiano. A destra della facciata si eleva una torre quadrata con coronamento ad archetto, e sovrastante struttura campanaria.                             Si giunge quindi a Massa Martana    Antico borgo medievale di notevole fascino, circondata da montagne , che si presenta serrata da una possente cinta muraria. L’ingresso avviene tramite una porta  e presenta incastonate sul lato destro una serie di stemmi e pietre incise. Su di esse vi è l’iscrizione romana che ricorda il restauro della via Flaminia, eseguito sotto Adriano, ed ancora gli stemmi  di Massa Martana con un fiore a cinque petali e la mezza luna. Superata la porta, si entra nella piazza principale con alcuni edifici che ne rappresentano la storia e la cultura  Tra queste la Chiesa di San Felice dedicata al patrono della cittadina, vescovo e martire. L’edificio ha subito molti rifacimenti e restauri, la facciata rivestita di blocchi squadrati di pietra presenta nella sua sommità  un cornicione e una finta balaustra, da dove parte il campanile barocco del 1637. Interno ampio con una sola navata con volta a botte. L’altare maggiore di gusto barocco  presenta imponenti sculture lignee e una tela di Boccanera da Leonessa che raffigura la Madonna reggente l’ostensorio tra il Beato Ruggero, San Felice, Santa Rita e San Pio V, Di notevole interesse è l’altare che nello spazio sopra il tabernacolo è affrescato con la scena della Madonna del Carmelo.                                                                                                              Uscendo dalla chiesa di fronte, sulla facciata di un elegante palazzo , due lapidi che ricordano . la sosta di Anita e Giuseppe Garibaldi Una bella passeggiata per il borgo ci ha fatto ammirare un bel panorama sulla valle. Abbiamo anche potuto osservare i lavori in atto per consolidare la rupe su cui è adagiata parte della cittadina.’Ordine e pulizia  regnava, alcuni attribuivano ciò al momentaneo parziale spopolamento per i lavori post terremoto, e che abituati ad altre situazioni cittadine sembrava più appartenere ad un cantone svizzero che ad una realtà italiana  Ultimata la visita ci si imbarcava per raggiungere Acquasparta,  che dopo un breve percorso ci accoglieva anch’essa con un magnifico sole e la temperatura già sui 14°C

Acquasparta.

Di origine romana, il suo nome deriva dal latino ad Aquas Partas per la sua posizione tra le fonti Amerino e Furapane. Dopo alcuni passaggi fra dignitari ecclesiastici, fra cui il vescovo di Todi, fu ceduta alla famiglia Cesi. Proprio la mancata visita al Palazzo Cesi, per problemi inerenti la sicurezza, hanno fatto variare il programma della visita. Comunque la visione del palazzo dall’esterno, già mostra la sua imponenza ed importanza . Ad attenderci, da lungo tempo, la responsabile locale dell’Unitre, la segretaria dell’Unitre Di Acquasparta Paola Ferri, la quale ci portò il benvenuto anche della presidenza. Purtroppo la variante Massa Martana aveva ritardato il nostro arrivo e  ciò non era stato comunicato alla gentile “padrona di casa”. Anche lei si è meravigliata della improvvisa indisponibilità del Palazzo Cesi. E’ stato comunque utile per la descrizione che ci ha data per la “Festa del Rinascimento” che rievoca i fasti della vita del Principe Federico Cesi detto il Linceo. Un apposito Ente “il Rinascimento ad Acquasparta”, in giugno, con spettacoli , cortei, convegni, laboratori, gare tra le tre contrade. L’interno del Palazzo Cesi, dopo varie vicissitudini che la vedevano destinata ad una decadenza certa, è stata in un primo momento presa dall’Università di Perugia e poi successivamente dal Comune di Acquasparta che ne ha curato il completo restauro .La nobile famiglia Cesi acquisisce la residenza di Acquasparta quando Gian Giacomo Cesi e la moglie Isabella di Alviano ottengono da Pier  Luigi Farnese il feudo di Acquasparta in cambio di quello di Alviano. In pochi anni  riescono ad ampliare la dimora progettandone una grande e prestigioso palazzo. Federico Cesi, nipote di Gian Giacomo e padre del futuro fondatore dell’Accademia dei Lincei, sposa Olimpia Orsini. Isabella di Alviano sopravvissuta al marito  e al figlio, fa restaurare le mura cittadine e alcune vie e fece sistemare la piazza antistante il palazzo. Nei primi mesi del 1604  la fondazione dell’Accademia  ha momenti incerti ma il giovane Federico  insieme a tre fraterni amici, riesce a superare la fase critica e per merito dei quattro fondatori, Federico Cesi, Johannes van Heeck, Anastasio de Fillis e Francesco Stelluti riescono a superare le iniziali difficoltà. Fra i partecipanti accademici possiamo ricordare Galileo Galilei. L’interno meritevole di una visita potrà forse essere presa in considerazione in una prossima uscita culturale. Nella piazza sono inseriti in cerchi il nome dei più illustri partecipanti della storia dell’Accademia dei Lincei.                                                       Percorrendo piacevolmente sia per il modesto traffico automobilistico sia per la giornata veramente con aspetti primaverili, siamo giunti  alla Chiesa di Santa Cecilia.                                     Sorge su una costruzione medievale, verso il 1970, in occasione di scavi sotto il presbiterio, sono stati ritrovati resti di mura riconducibili  al XI/XII secolo. Testimonia certa una costruzione risalente al XII secolo e il campanile quadrato realizzato in stile romanico.                                  La chiesa presenta una facciata ad edicola che si incastona con il campanile. Interventi successivi settecenteschi modificano profondamente la chiesa. Lo stile interno potrebbe definirla semigotica. Tre navate, separate da colonne in travertino con un arco trionfale che divide la navate dall’abside. Al culmine dell’arcata due angeli sorreggono lo stemma della famiglia Cesi. Dall’anno del giubileo, tra l’altare maggiore ed il coro è posto un antichissimo crocefisso degli inizi XIV secolo, di scuola umbra (crocefisso che era nella chiesa appartenente ai Cavalieri di Malta), che passò nell’attuale sito quando fu trasferito dopo il terremoto del 1997 dalla chiesa di San Francesco.                                                                                                  Il coro, in noce, in linea classica risale al XVIII secolo. Sopra il coro spicca la tela che ritrae Santa Cecilia. Lungo le pareti laterali vi sono otto cappelle. La prima, a destra entrando,  si trova la cappella Cesi, fatta costruire intorno il 1581/1582 da Isabella Liviani Cesi. La cappella ospita i membri della famiglia Liviani-Cesi e dedicata al Santissimo Crocefisso. Ivi è sepolto anche il principe Federico Cesi, detto il Linceo, sopra l’altare una tela che raffigura il Santissimo Crocefisso  con la Vergine, San Giovanni Battista, la Maddalena e in un angolo il ritratto della duchessa Isabella Liviana Cesi. La costruzione sporge all’esterno ed appare come autonoma. Sebbene la parte esterna della cappella  non presenti un ingresso, è ornata da lesene ioniche e da un timpano, sormontato da un finestrone.                                                                 Sempre a destra segue la cappella del Santissimo Rosario,                                                          Entrando, sulla sinistra, troviamo la cappella di San Nicolò in esso si vede lo stemma gentilizio della famiglia Spada di Terni. La seconda cappella è dedicata ai Santi Pietro e Paolo con quadro che rappresenta i due santi ai piedi della Grande Madre di Dio (XVII sec). La cappella non ha un altare ma un fonte battesimale cinquecentesco. La terza cappella è dedicata all’Assunzione.                                                                                                                                    La successiva cappella, vicina all’altare maggiore, dedicata a San Carlo Borromeo, ospita una  tela che ritrae il Borromeo e San Filippo Neri ai piedi della Vergine con Bambino.                       Ormai si era fatta l’ora di pranzo e tutti i Soci ben volentieri sono risaliti sul Pullman che ci avrebbe portato al ristorante scelto e preavvisato del nostro arrivo.

Pausa prandiale 

Arrivo veloce, e rapida conquista dei posti a mensa. C’è sempre un momento di apparente confusione, perché la scelta dei posti a tavola non è casuale per i più. Ci sono  amicizie e occasioni di colloqui con persone che si preferiscono rispetto ad altre. Comunque è solo un attimo poi si ripristina l’ordine e spesso rimangono a trovare il posto per ultimo Agostino e l’autista. Agostino non ha problemi di scelta, forse preferirebbe avere dei vicini che abbiano un appetito medio basso. In vero avevo preso accanto a me e mia moglie il posto per Pina Silvestri ma lei aveva già accettato un’altra collocazione per cui non era il caso di dare la sensazione di preferire un’altra soluzione. Del menù non dirò nulla se non che è stato all’altezza di sempre come qualità, abbondanza, gentilezza e velocità del servizio. In assenza di Angela ho preso il suo posto passando fra i tavoli ed interrogare i Soci per sapere come si erano trovati. C’è stato un unanime consenso su qualità, velocità, quantità e servizio. Dimenticavo di dire che dopo il dolce è stato servito il caffè. In questo intervallo ho avuto modo di mettermi in contatto con Angela per comunicare la soddisfazione di come si era svolta la giorana fino a quel momento e per come si stava svolgendo il pranzo..                                                                            Leggermente appesantiti ma molto ben disposti , favoriti anche dalla magnifica giornata che aveva deciso di non tradirci,  si saliva in Pullman per l’ultima parte del programma previsto, la visita a San Gemini

 San Gemini

Prima d’iniziare, il racconto della seconda parte della visita, vi voglio far sorridere, a me lo ha fatto, dandovi delle indicazioni che le Terme di San Gemini  danno alle persone con i capelli bianchi! ironia della sorte io non ho capelli, Le Terme consigliano che quando si è avanti con gli anni, dopo aver aiutato a realizzare i sogni e i progetti dei figli, comincia l’assistenza dei nipotini, insomma essere nonni. Riconosce che l’attività tanto bella e impegnativa può essere ostacolata  da dolori articolari, reumatismi e fragilità delle ossa, ma questo non deve spaventare  perché ci sono gli alleati che aiuteranno a restituirci forza e sorriso .E cosa di meglio c’è per arginare questi fastidi per reintegrare la fiducia in noi stessi?  Il Calcio che protegge le nostre ossa rinforzando e prevenendo il rischio dell’osteoporosi. Ma poi anche altri Sali come il Magnesio per regolarizzare la pressione sanguigna. riducendo il rischio di arteriosclerosi e le aritmie cardiache e contribuendo a ridurre i depositi calcarei contribuendo a prevenire l’artrite. Ma l’indicazione accenna anche  al Potassio per il controllo della glicemia,  e per agevolare la digestione  e combattere l’insonnia. Ecco tutto questo è possibile ottenere, secondo la pubblicità delle terme,  bevendo quotidianamente l’acqua Sangemini !    Stando a queste indicazioni potremmo ridurre l’intervento dei medici e l’assunzione di  farmaci.                                                     La cittadina è nota non solo per le sue terme e acque minerali ma anche per il suo centro storico con aspetto tipicamente medievale. In effetti sorge sui resti di un piccolo insediamento di epoca romana lungo il tracciato dell’antica via Flaminia ( siamo a circa 4 km da Carsulae che visiteremo nel prossimo mese).                                                                                                    Molte le cose da visitare. Il Duomo, dedicato a San Gemine, risale al IX secolo ma è stato ricostruito nel 1817. (Arch, Matteo Livioni di Roma).   Nel suo interno è possibile ammirare sull’Altare Maggiore un crocefisso del XV secolo  con quattro tele del Seicento posizionate nel coro  che raffigurano San Giacomo Maggiore,  San Sebastiano,  Madonna col Bambino e Sant’Agostino e San Matteo Evangelista. Le reliquie del santo sono poste sotto l’altare maggiore mentre l’originaria urna e la lapide del ritrovamento sono conservate in sacrestia (non visitata)                                                                                                                             L’Abbazia di San Nicolò, nei pressi del centro storico, esempio fra i più significativi del dell’architettura romanica umbra, risale al 1037 quando il vescovo di Narni, Dodone e la sua famiglia, donarono molti beni all’abate Vitali. Vi furono una serie  di donazioni  fino a quando nel 1119, l’abbazia venne donata all’Abbazia di Farfa e nel 1302 papa Bonifacio VIII nominò un abate  del monastero suo commissario. Poi vi fu una progressiva decadenza  nel XV secolo e il comune vedendo l’abbazia in rovina  sequestrò l’Abbazia e nominò una commissione per la riqualificazione. La decadenza continuò e solo nel 1961/1967 vi fu il restauro definitivo.                                                                Il portale poggia su due statue leonine da pietre carsule. La decorazione dei piedritti e dell’architrave è asimmetrica. Lo stipite sinistro è ornato da girali d’acanto. L’interno presenta tre navate divise da due file di colonne con capitelli decorati. Rimangono  gli affreschi dell’abside con una Madonna con Bambino di Ruggero da Todi (1295). Ancora una Madonna con Bambino sul primo pilastro a sinistra. Sulla parete sinistra una porta con gli stemmi di Innocenzo VIII e del cardinale Giovanni Michiel.                                                                                  La Chiesa di San Francesco, fuori la cinta medievale ma all’interno  settecentesca.    Costruita in ricordo di una visita di San Francesco nel 1213. Porta principale ogivale ligneo del XV secolo contornato da una cornice anch’essa ogivale a fasci di colonne Sopra il  portale vi è una nicchia affrescata con San Francesco d’Assisi.  Interno ad una sola navata senza transetto con un crocefisso ligneo del XV secolo, sul lato sinistro un confessionale ligneo in noce del XVI secolo sovrastato dal pulpito. L’abside è in forma pentagonale sorretto da colonnine. Le vetrate sopra l’abside sono effigiate con Maria, San Francesco, San Gemine San Carlo Borromeo, Santa Matilde                                                                                                                                             Proseguendo si può vedere la settecentesca Porta Romana sulla cui sommità è situato lo scudo scolpito con il blasone dei Santacroce , signori di San Gemini nel XVIII secolo.                                                                    Interessante è anche la chiesa medievale di San Giovanni Battista. Originariamente un battistero a pianta ottagonale modificata nella sua entrata con l’apertura di una entrata sulla piazza, trasformandola in un esagono irregolare. Il vecchio ingresso con scalini in travertino e due leoncini accovacciati sulla cornice. L’interno è a pianta centrale, con grandi pilastri ottagonali  l’ altare maggiore è barocco  e il pavimento pieno di pietre tombali. . La Fonte battesimale del XVI secolo è costituito da due elementi sovrapposti: la vasca lustrale in travertino, di forma circolare, sostenuta da una colonna svasata con scolpita la data del 1582, e la copertura , un prisma a pianta esagonale in noce sormontato da una cupola poligonale.  Uscendo si possono notare i resti delle mura medievali con una visione splendida sulla valle verso i Monti  Martani Girando intorno alla chiesa si arriva a quella che un tempo era l’ingresso principale. E’ anche visibile l’arco sulle mura sotto il quale passava la vecchia via Flaminia.  Notevoli anche i resti di mura settecentesche che circonda tutto il centro abitato post medioevo  volute dai Santacroce Signori  del XVIII secolo. Ancora il Palazzo Vecchio dove risiedevano gli otto priori in età comunale. Del XII secolo  a due piani addossata ad una torre  detta “Esperia” con campanile, nella sua facciata gli stemmi di Eugenio VI e degli Orsini.

Rientro

Completata la visita e il calar del sole ci davano il segnale che era ora di tornare nella nostra amata Spoleto. La giornata sotto tutti gli aspetti perfettamente riuscita .Il tempo ci è stato favorevole e l’armonia dei Soci ha completato l’orchestrazione della giornata. Hanno contribuito al successo della giornata , la scelta delle località, il magnifico sole, l’ottimo pranzo,, la perfetta direzione di Pina Silvestri, la inesauribile disponibilità e preparazione  di Agostino nonché una perfetta e rassicurante guida di Luigi.    Alla prossima!!

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