Relazione del Presidente sull’Uscita Culturale a Carsulae e Cesi 20 marzo 2019

Antefatto

La visita culturale a Carsulae ha avuto in vero, prima della attuale uscita, una precedente occasione di incontro presso il Museo Archeologico Nazionale di Spoleto. In data 6 febbraio ultimo scorso, presso un’aula del Museo. Gli archeologi Chiaraluce, Donnini e Gasperini hanno tenuto una importante conferenza nella quale hanno parlato e mostrato molte diapositive, con gli ultimi scavi di Carsulae che hanno portato alla luce la grande domus e il Capitolium.                                           Per quanto concerne la grande Domus, già l’anno scorso, era stata individuata una grande residenza (domus) di cui si conservano quasi esclusivamente le pavimentazioni decorate con splendidi mosaici recanti figurazioni geometriche.  Le ulteriori scoperte hanno individuato con maggiore certezza una domus di dimensioni del tutto eccezionale. La costruzione si può collocare in età augustea, rinvenendo parte dell’atrio e dell’impluvium, il tablino (sala per ricevere gli ospiti), l’ala destra (un ambiente aperto sull’atrio), una vasca e parte di un triclinio (sala da pranzo), e una parte di un grande ambiente di incerta attribuzione. Hanno inoltre rinvenuto a sud una porzione del peristilio (spazio colonnato al cui centro doveva trovarsi il giardino) ed a ovest una parte di una sala per banchetti, ulteriori ambienti e un vano ipogeo, con forse una cisterna o grande vasca             ( indagini da proseguire nei prossimi scavi).                                                           Nel secondo settore si è, invece, iniziato lo scavo di una poderosa struttura posta in asse con l’ingresso monumentale del foro, la quale dovrebbe con ogni probabilità essere identificata con il Capitolium  (ovvero il tempio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva) i cui resti si presentavano completamente ricoperti da una poderosa macera ( grande accumulo di pietrame frutto dell’opera di dissodamento dei campi circostanti da parte dei contadini dei secoli scorsi) il cui volume superava i 100 metri cubi. Nel corso del 2018 è stata rimossa poco più della metà delle pietre riportando alla luce le murature perimetrali del tempio oltre ad una ulteriore struttura semi-ipogea ad esso affiancata lungo il lato sud, il cui scavo promette di riservare interessantissime sorprese. Tutte le operazioni di scavo sono state condotte dagli archeologi già menzionati,  coadiuvati da Valerio Chiaraluce (archeologo), Nicola Bruni (restauratore e presidente dell’Associazione ASTRA)..                                                                                                        Queste le notizie ricevute in quella occasione e nel successivo spazio di tempo lasciato alle domande,ho informato che l’Unitre di Spoleto aveva in programma una visita del sito. Purtroppo la risposta è stata deludente perché gli scavi che riguardano le varie pavimentazioni, rimarranno  coperte per il periodo invernale ( per evitare danni causati dalle intemperie) e rese nuovamente visibili in primavera. Tanto mi premeva di dire perché alcune cose non saranno visibili in occasione della nostra visita odierna e quindi  rimane solo l’informazione che ho sopra dato.

Partenza

Ormai le partenze si susseguono come al solito e se non sapessimo come ciò sia costata tanta attenzione e organizzazione da parte della Direttrice Angela, la considereremmo come cosa naturale. Una buona partenza contribuisce ad un inizio armonico della visita ben augurale per tutto il proseguimento della giornata. Partenza dai giardini alle 08,50  e inizio del breve viaggio che ci avrebbe  portato alla meta.                                            Breve sosta ad un Grill e alla ripresa del viaggio. Agostino nel primo tratto  ci ha illustrato ciò che avremmo  visto. Nuovamente, come in occasione della scorsa visita, spiegava come mai questi insediamenti così importanti nelle scorse epoche, siano state abbandonate lasciando della loro storia solo tracce archeologiche. La motivazione è sempre la stessa, la difficoltà del terreno che ha nel tempo subito sommovimenti di varia natura, terremoti e frane, alle quali si è aggiunta all’epoca delle varie invasioni, la necessità di trovare posti più difendibili e su terreni meno friabili; parliamo dell’epoca dei castellieri e del formarsi di cittadine cinte da possenti mura, con un castello a difesa del territorio e su basi solide come rocce.

Carsulae

Antica città di epoca romana, un terremoto devastante causò la sua rovina, ma anche l’essere rimasta fuori dalla principale via di comunicazione commerciale la Via Flaminia. In gran parte sepolta , viene chiamata la “Pompei dell’Umbria”.    Strettamente legata alla Via Flaminia, fatta costruire nel 220 a.C. dal console Caio Flaminio. Fu la strada che permise l’espansionismo romano nella pianura padana. Era considerata arteria veloce divenendo un polo delle popolazioni insediate sulle alture con una economia pastorale che decisero di trasferirsi in siti pianeggianti. Carsulae sorse sull’importante arteria consolare nel tratto Narni –  Foligno.                                   Storici illustri come Plinio il Giovane, Strambone e Tacito parlavano di Carsulae  come una località adagiata su un fertile altopiano che spaziava sul profilo meridionale dei Monti Martani.      Strambone ne parla come uno dei centri più importanti lungo la via Flaminia. Tacito indicò il luogo come scelto da Vespasiano per accamparvi le sue truppe verso Roma alla conquista del trono imperiale, sia per approvvigionamenti che per la posizione strategica, posta di fronte alle truppe fedeli a Vitellio, acquartierato a Narni.                                         Una funzione non trascurabile ebbe anche nell’essere considerata una città del divertimento per le legioni che tornavano a Roma dopo le campagne vittoriose nel Nord Europa. La truppa doveva passare una specie di quarantena prima d’entrare a Roma per evitare il contagio di eventuali malattie contratte nelle campagne di guerra. Ma Carsulae era anche un luogo di villeggiatura  dove i romani costruivano le domus per le vacanze attratti dalla cura delle acque termali.                                                                                                                La città si era rinnovata in occasione del restauro della Flaminia da parte di Augusto e in era cristiana era diventata importante divenendo una diocesi. La sua decadenza iniziò con la deviazione dell’arteria verso Terni e Spoleto zone più urbanizzate e fiorenti. Il dirottamento aveva privato la sua principale risorsa economica, causando il progressivo abbandono e quindi il colpo di grazia del terremoto nel IV sec in una realtà già in pieno degrado. Ma tanto per stabilire delle similitudini con Pompei, anche Carsulae, proprio la rovina della città, ha coinciso con la fortuna dell’area archeologica. Per Carsulae ci si può aggirare nella città romana come se il tempo si fosse fermato. Gli scavi iniziarono nel XVI secolo ad opera dei Conti Cesi in modo disordinato. Poi gli scavi sono ripresi in modo più razionale negli anni 1951 e 1972, che riportarono alla luce molti monumenti. Entrando nell’area, superati i tornelli ci si può incamminare sulle strade lastricate segnate dalle ruote dei carri. Proseguendo per la via Flaminia si arriva alla Chiesa di San Damiano, sorta nel Medioevo, su un edificio romano preesistente. I Santi Cosma e Damiano erano gemelli, medici e curatori, e sostituirono le divinità curatrici romane di Castore e Polluce.  Poco più avanti percorrendo la strada romana, si osservano , ai lati della strada, i ruderi di una serie di vani, sicuramente destinati a negozi.                                                  Percorrendo ancora la strada si giunge al Foro . A destra i resti della basilica forense, a sinistra edifici pubblici o a carattere sacro.                                                                   Il Foro circondato di edifici pubblici risulta largo quasi 40 metri e lungo 60            Ad est del Foro e in asse con questa, sulla destra del cardo, vi sono i resti della Basilica, grande aula divisa in tre navate con abside finale destinata all’amministrazione della giustizia e all’esercizio del commercio. Alle spalle della Basilica sul limite del centro abitato si trovano il teatro e l’anfiteatro Proseguendo sul cardo vi sono i basamenti piuttosto alti di due tempietti che si immaginano dedicati ai due gemelli Castore e Polluce i due divini soccorritori. Proseguendo sempre per la via Flaminia si giunge all’Arco detto di San Damiano, resto di una struttura originariamente a tre fornici, costruita in opera cementizia rivestita da lastre di travertino. Naturalmente le lastre furono asportate seguendo la sorte di tutti i marmi delle strutture romane, utilizzate per edificare in epoche posteriori palazzi e monumenti. Immediatamente fuori dell’arco sono state risistemate due sepolture monumentali, destinate sicuramente a personaggi e famiglie importanti. La più grande ricorda la tomba di Cecilia Metella sulla via Appia a Roma.                                                                                Ripercorrendo a ritroso la via Flaminia giunti al decumanus maximus si notano una serie di ambienti absidati, forse sede  del senatus municipale. Proseguendo si giunge  ad una zona destinata agli spettacoli.  In posizione interrata in una depressione del terreno, in asse con il teatro sono visibili gli scavi dell’anfiteatro, di cui è visibile la metà della cavea, gli accessi sull’asse maggiore e alcuni ingressi secondari. Accanto all’anfiteatro , anteriore nella costruzione, si trova il teatro. Costruito in periodo augusteo, con gli archi in laterizio e la cavea divisa in tre ordini  Ne rimane gran parte della struttura muraria, cioè la cavea, le fondazioni della scena e i due gradoni.  Il teatro, aveva una cavea di 62 metri ; due gradinate che davano accesso alla cavea superiore. Rimangono pochi resti, durante gli scavi fu trovato un vano con frammenti di decorazioni in avorio e vari grammi di foglie d’oro.                   Il parco archeologico è spesso cornice di eventi suggestivi.                                                                                                                                                                                                                                                                       In uscita si accedeva al museo annesso nel quale sono raccolti molti reperti archeologici. Fra i più rilevanti la statua di Dionisio, della seconda metà del II secolo d. C.. “ L’immagine divina si rifà a un modello antico, riconducibile alla produzione tarda classica e all’ambito dello scultore di Pressitele” Tale giudizio fu dato dal prof.  Slavazzi del dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Milano.             Appare in posizione rilassata con il peso appoggiato alla gamba destra, mentre la sinistra è flessa e portata di lato e il piede poggiato sul tronco nodoso di un albero. Sono visibili inoltre pietre tombali e diversi altri reperti rinvenuti. Ormai si era fatta l’ora prandiale e il gruppo di Soci con gli occhi pieni di tante meraviglie viste, e in alcuni casi non immaginate, ben volentieri vedevano la sosta pranzo come riposo e ristoro.                                                                                        .         

Sosta prandiale

Il viaggio che ci portava al ristorante in Cesi,  richiedeva poco tempo, e l’ottimo autista copriva la distanza in breve. La Direttrice della visita, Pina Silvestri perennemente preoccupata che tutti i partecipanti fossero ai propri posti, annunciava il nostro arrivo al Ristorante per facilitare lo svolgimento del pranzo ed abbreviandolo il più possibile, senza per questo sacrificare la giusta pausa, e permettendo la seconda parte della visita secondo quanto previsto

Il pranzo avveniva con soddisfazione di tutti, come da menù a suo tempo concordato.

A metà pranzo abbiamo avuto la piacevolissima visita di Don Simone, Consacrato Sacerdote a Spoleto in Duomo, che ha conservato un caro ricordo di Spoleto e con gli spoletini. Abbracci e un augurio di rivederlo a Spoleto nelle sue funzioni. In vero il pranzo servito con tempestività e massima professionalità, prevedendo un menù piuttosto ricco, ci prolungava la permanenza leggermente più lunga del previsto. Una salutare passeggiata , ci permetteva di facilitare la digestione dell’abbondante pasto, e arrivare alla prima sosta prevista in piena forma, dove ci accoglievano due gentilissime persone che ci avrebbero accompagnato nella visita alla cittadina di Cesi

Cesi

Parlare di Cesi (Clusiolum supra Interamna) significa in parte fare delle considerazioni analoghe a quelle di Carsulae. Durante il periodo del tardo impero romano il diverticolo della Flaminia che transitava per Carsulae come abbiamo già detto, diminuì di importanza e gli insediamenti ivi allocati entrarono in crisi. Dopo la caduta dell’impero romano la città fu gradualmente abbandonata e vi fu, come in altri luoghi, il ritorno sulle montagne da cui erano venuti. Questa scelta permise una maggiore difendibilità della cittadina dalle periodiche invasioni e saccheggi.  Anche la storia di Cesi, nel periodo medievale, coincise  con quelle delle Terre Arnolfe. Il grande feudo era costituito da un gruppo di castelli , Terni, Narni e Spoleto. Unità amministrativa  che poi passò al governo ecclesiastico.    Dell’antica Clusiolum  rimangono delle testimonianze sotto l’attuale abitato con un consistente tratto di mura costituite da grandi massi senza materiale cementizio.       Ad accoglierci una Signora e un Signore che con molta disponibilità e gentilezza si sono messi a nostra disposizione per portarci nei vari luoghi meritevoli di essere visitati.

La sensazione, mia personale, è quella di una cittadina quasi disabitata, traffico automobilistico nei pochi tratti praticabili con auto, molto modesto. Anche i siti visitati mostravano un notevole abbandono per tenuta. La prima sosta avveniva sotto il palazzo comunale con un’illustrazione generale della storia della città e del programma della visita. La guida, che esercitava la sua funzione in forma volontaristica e animata solo dalla passione che nutriva per la sua città, ha voluto anche ricordare un episodio storico che ha unito Cesi a Spoleto.         Il Comune di Terni, in varie occasioni occupò e saccheggiò Cesi e Spoleto  si prestò  a liberare Cesi da tali invasioni.   Nell’abitato di Cesi  sono presenti resti di mura poligonali e su di uno che serve di terrazzamento sorge la chiesa di Santa Maria Assunta.  La costruzione della  chiesa iniziò nl 1515.A sinistra del portale ve ne è un altro murato, a destra è murato lo stemma del Comune di Spoleto.   Entrando a sinistra, nel primo altare, in una teca, troviamo una statua lignea  della Madonna con il Bambino. Proseguendo, sempre a sinistra, troviamo un altare con la statua della Madonna Addolorata. Proseguendo nel terzo altare  una pala raffigurante la Madonna del Rosario con sotto quattro santi con scene della vita della Vergine , in un angolo in basso la data MDCIX.                                                                                                  Nella cappella di sinistra un affresco del Papacello, Tommaso Bernabei da Cortona allievo e collaboratore del Lorenzetti, raffigurante la Madonna col Bambino. Sopra la porta che immette in sagrestia, una tela raffigurante la Crocefissione.. Sull’altare maggiore è posto un Crocefisso ligneo del XVII secolo. ed ancora una pala cinquecentesca  che raffigura  l’Assunzione della Vergine e gli Apostoli intorno al sepolcro vuoto: nell’abside si trova un bel coro ligneo in noce.                              Nella cappella a destra dell’altare dedicata al Santissimo Sacramento vi è il prezioso dossale raffigurante la Madonna con Bambino in trono tra san Paolo, san  Giovanni Evangelista, san Michele Arcangelo, san Gabriale Arcangelo, san Pietro, san Giovanni Battista, san Bartolomeo, san Luca Evangelista san Marco Evangelista , sant’Andrea, san Tommaso e san Matteo Evangelista. L’opera trafugata , nello scorso secolo, è stata recuperata nel 1965 e restituita alla cittadinanza.

Malgrado le dimensioni ridotte spicca, ai piedi della vergine, la figura in atteggiamento di venerazione una donna, la nobile committente  domina Elena. L’opera del Maestro di Cesi  contiene l’iscrizione nella parte inferiore  (liberata dalle abbreviazioni) seguente  “IN NOMINE DOMINI, AMEN. ANNO DOMINI MILLESIMO CCCVIII (TEMPORE DOMINI)CLEMENTIS PAPEV, INDICTIONE VI, DOMINA ELENA FECIT FIERI HOC OPUS”                                                         Sotto la magnifica opera del Maestro di Cesi è collocato un ciborio in legno di pregevolissima fattura contornato da una raggera dorata, che ne mettono in giusto risalto la bellezza e la fattura.

Negli altari di destra bella statua lignea di Cristo morto (terzo altare), nella seconda pala raffigurante la Crocefissione e nel primo altare  una statuetta lignea di sant’Onofrio.   Nella controfacciata un’elegante cantoria con  organo di grande valore artistico.     Proseguendo la visita, si arrivava  all’Oratorio del Santissimo Sacramento    Per la modesta capienza, ha costretto di dividere i partecipanti in due gruppi. L’esterno presenta un portale cinquecentesco e l’interno è a navata unica con volta a botte, che sostiene due stanze superiori, ove aveva sede il monte frumentario. Sulla sinistra un’ampia sagrestia, ove avevano  luogo le adunanze delle confraternite. La confraternita del Santissimo Sacramento e la Confraternita di Santa Maria del Rosario  La prima si occupava di portare il sacramento agli infermi, la seconda, costituita prevalentemente da donne, si occupava della quotidiana recita del Santissimo Rosario.                                                                                                                          La presenza contemporanea delle due confraternite è testimoniata dalla pale dell’altare che, caso raro, forse unico, è ornata da una tela bifacciale, ruotabile tramite un meccanismo posto nel retro. Da un lato è raffigurata l’apparizione del Santissimo Sacramento ai confratelli, dall’altro l’Assunzione della Vergine.                                    Nel corso della visita siamo stati deliziati, ma in alcuni momenti  molestati, da vento , che sembra essere una situazione che a Cesi si verifichi abitualmente. La posizione e la conformazione della montagna su cui si adagia, sembra che faccia di questa cittadina un posto estremamente ventoso. L’altitudine di 437 m s.l.m. sulle pendici del monte Eolo, Cesi ha la sede del Gruppo Speleologo  Terre Arnolfe sita nell’antico Palazzo Stocchi, da cui si può entrare direttamente nella grotta Eolia.  Si rimane impressionati dalla fortissima aria che ne esce, come riferiscono le cronache, noi diamo per vero quanto affermato e cioè che la grotta Eola potrebbe essere un ingresso basso di un sistema ipogeo che potrebbe avere il suo ingresso superiore nel pianoro di S. Erasmo (790 m.), o magari ancora più in alto (Monte Torre Maggiore  1.120 m.): su entrambe le vette esistono alcune cavità “soffianti” che potrebbero interagire con grotta Eolia. Questa grotta è stata usata per vari scopi , infatti la temperatura della grotta è praticamente costante tutto l’anno, circa 13°C., quindi l’ambiente è fresco d’estatee caldo d’inverno. Tornando al Palazzo Stocchi abbiamo visitato un’unica stanza che presentava un notevole soffitto a cassettoni e una pregevole decorazione, in parte ammalorata, che girava intorno alla stanza  nella parte apicale dei muri.         Continuando la visita  si arrivava  alla Chiesa di Sant’Andrea. E’ stata trasformata in Teatro ed in luogo d’incontro della comunità. Una targa posta all’interno ricorda che nel teatro cantò il celebre cantante baritono Titta Ruffo. Sulla parete accanto alla porta d’accesso , sono inseriti frammenti provenienti da Carsulae. Sono ancora visibili affreschi in due nicchie della parete destra. Nella prima è affrescata Santa Lucia tra i santi Sebastiano e Rocco. e nella seconda la Madonna in trono col Bambino, tra i santi Antonio abate e Agostino.  La Chiesa di San Michele Arcangelo fu edificata nell’XI secolo. e fu chiesa Benedettina. Da lei dipendevano ben quattro chiese e perse il titolo di parrocchiale quando passò alla chiesa di Santa Maria Assunta. Ora sconsacrata ed adibita ad Auditorium e centro culturale. L’interno è a due navate, con l’abside ornata da un affresco del ‘600 raffigurante  San Michele Arcangelo. Frammenti di dipinti lungo le pareti: un Cristo risorto di bottega  Piermatteo d’Amelia.  La Chiesa di Sant’Agnese, emerge in fondo ad una stretta via. Una prima chiesa fu restaurata poi da  una monaca  mandata da Roma per fondare un convento di Benedettine, e successivamente di clausura.  Aiutata  dalla munificenza di monsignore Lorenzo Castrucci in soli due anni fu completata la nuova chiesa. Lorenzo Castrucci divenuto vescovo di Spoleto, fu qui sepolto nel 1655 .                                                                                                             La facciata seicentesca è ripartita in tre sezioni, nella sezione più bassa si aprono tre portali Nella centrale c’è la scritta  DEO ET AGNETI  DICATU, sulle laterali ANNO DNI MDCXIII. Nella sezione mediana, in due nicchie sono poste le statue di San Benedetto e Santa Scolastica. La sezione superiore presenta al centro lo stemma del Vescovo di Spoleto Lorenzo Castrucci.                                                                                              Terminata la visita non rimaneva che riprendere il pullman e rientrare nella nostra amata Spoleto. Alcune considerazioni però mi piace farle. Carsulae oltre che essere luogo importante per la sua testimonianza, è luogo estremamente ameno.   La fantastica giornata di sole farse ha favorito  una valutazione particolarmente positiva, ma devo dire che passeggiare in un ambiente così tranquillo nel quale ci si senti immersi nella storia dei nostri predecessori, sorte un effetto di benessere, di distensione e di voglia di distendersi nei tratti di prato che circondano gli augusti ruderi. Per lo più in diversi luoghi sono disponibili delle sdraio in legno, posizionate in luoghi con più scopi: di riposo, di meditazione e perché no per prendere il sole. Altra considerazione positiva aver visto molte scolaresche, silenziose in visita, di età molto diverse: molto giovani e di ragazzi maturi. Che sia di buon auspicio per una diffusione e un innamoramento sempre più forte e profondo delle meraviglie della nostra bella Italia.

Alla prossima visita culturale!